LE 9 PORTE D'INGRESSO DEL REGNO

POESIE DI PIERO POLESINI (copyright dell'autore) successive  1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 9

 
 
 
SALMO MCM
 
 
E’ ancora il sordo cuore dell’abisso
dove fiorisce sui lastrici la morte
e tra le punte rosse,
dentro il groviglio dei reticolati,
agita l’uomo l’amara anima in grido.
 
E tu lo vedi : crocifisso dal nulla,
nella sua ombra che sfalda come rudere,
con le mani secche d’arena, i ginocchi mozzi,
se rovesciando sopra il chiuso carcere
le pupille di sangue odi il lamento
tristissimo sui grigi delle pietre,
insillabato in fondo al suo respiro
che un vento adombra come annerite acque :
 
A te gridai nell’ora che non mia
nacqui fiore celeste, poi che alla grazia
d’esistere tra il fango e la maceria,
non s’estinguesse il globo della luce
e consolata tra gli uomini
la vita fosse quale aurora che cede
dolcissima nel grembo della sera.
 
Castigato, io infermo alla radice;
e più non s’apre a effluvio di stagioni
l’albero mio percosso né più letizia,
quasi armonia d’origini lontane,
il battere dei rami, verde nell’aria.
 
Ora é deserto. La mia voce che implora
é come cenere; sgrana la clepsidra
i frammenti del tempo; la tenda brucia,
salutano i fantasmi l’ospite illuso.
 
Ma Tu resisti !
Dalla sfera di fuoco
non mi raggiunge l’angelico messaggio;
e se alle porte infuria il grido atroce
si disarma in un eco, oltre la sbarra,
vivo solo nella sua pena che chiude.
 
O Dio degli aspri silenzi,
Tu non rispondi dunque alla mia angoscia ?

Così si spenna l’angelo e frantuma
le ali di neve.

II

Mia schernita innocenza come svanisci
se una donna vaporosa di sete
mi consuma la bocca coi suoi baci!

Un'eva é quì : volpe d'avorio
e gli scoppi dei vini neri, il rosolio
dai calici succhiato con la cannuccia,
il profumo festivo degli avana,
mi scagliano su lievi quadri di sogno.
Ed io tremo e vaneggio!
Urla amore di turbini, nel sangue,
se la sua mano mi tocca limpida d'ori,
o la treccia lisciata s’attorciglia
alla mia vita come un serpente.

Così rade il mio fiore, malefico sguardo!

Lo sai: la vendetta é un impero
volpe d'avorio, e tu non hai pietà!
Vattene! Non ficcare l'artiglio in pieno cuore;
se vuoi, lascia discinti i fianchi ad altre belve.

Le strade di notte hanno i sospiri
del sesso che s'inquieta. Sulle logge altissime
muove la danza negra al fragore dei jazz;
ed io ne ascolto il battito dei piedi tempestoso
le movenze flessuose dentro l'arco del braccio,
e luci rosse, gialle, verdi, blù ...

Domani nei cortili si vedranno
piangere, a piedi nudi, vagabondi fanciulli
Oh gridate sui volti, senza tregua,
gridate tutti la vergogna del mondo!
poi che lontana da Dio é la sua vita,
e l'uomo addenta il frutto e lo divora.

III

Tenebrae factae sunt - urlano!

In rivolta si sbrana l'esule antico,
la sua vita in turbamento di mare.
Questa é la storia: una pioggia di fuoco
sta come lava sui delicati fiori
e nel buio precipita la vana ombra dell'uomo.

Anima scorticata, come curvi al terrore, 
ora che vuote si scheggiano le tue ossa,
opaco lo sguardo alla luce,
e quasi acqua dilegua il cuore mutilato!

Era la tua immagine lungo il recinto di pietra,
l'uomo abbattuto come una storta croce,
suicida in disperata bestemmia.

Seccava oscura la sua pozza di sangue.

Nessuno mai toccò l'inerte; ogni giorno
ancora le mani graffiate, ancora i capelli fangosi
e quelle piaghe nude allo scherno del sole.
Oh ma tu sai che più triste é la sorte
di chi sedotto crede alla menzogna
della vita murata nei piaceri: altra morte!

Allo strappo profondo
gemono le vestigia eterne:
ride la meretrice ubriaca
a dimenticare il delitto notturno.

Tonfo di mezzanotte: odiato amore  
e il silenzio come lapide immemore.

Ai graticci d'acqua nel canale,
galleggiava il cadaverino,
stretto alle sue midolla
i labruzzi spaccati, gli occhi rosi dai vermi
e il piccolo sesso viola ...
T 'han lasciato marcire là tra i sugheri,
angelo senza redenzione,
tu che non hai avuto nemmeno una carezza
né tepore di culla dove la madre
baci pregando la tua tenera gioia!

E potrai Tu, o Signore, educare ancora l'ulivo
nei nostri giardini predati,
e chiamare sulle spezzate colonne
la colomba mitissima?

Le macerie fumano sui sepolti in cancrena ...

IV

Diroccata città!  Tu lo ricordi
l'ululato delle notti fulminate
quadro tra il sordo crollo dei palazzi,
i sibili di schegge e roghi altissimi
scoppiava il cuore in vomiti di sangue.

Dileguava precoce la speranza
nell'uomo nuovo con le sue sirene
di gloria e di potenza.
E poi che all’ora torbida del vespro
il quartiere sfasciato, i morti a mucchi,
il grido pazzo delle madri stese
sui corpi profanati, le rovine,
urlavano il livore delle belve
umane: urlavano sterminio!

Oh come stanco il volo dei colombi
illanguidì repente!
Sui ruderi del Tempio
scolonnato, doleva l'aria trafitta.

Dalla materna Croce s'era schiodato
anche Cristo, senza più braccia e volto!
e dai dipinti piangevano Madonne.

Tutti ricordi, ora che gialla maschera
letizia finge sui disastri d'un tempo;
e dove in agonia si contorse
il fratello schiacciato sotto i macigni,
trassero piste a un ballo di serpenti:
geme ogni sera stridulo il jazz - band,
ai portici tristezza bianca di lumi,
gioia impudica d'essere uguale ai morti
nel vuoto della vita.

Ecco rinasce l'ultima speranza:
torna il ciborio d'oro a perdonare,
torna col Dio dell'Amore azzimo;
risplendono mosaici, campane
adorano i Misteri del Vivente,
ma desolata sotto gli archi immensi
la fede si consuma con le pietre.

Vedi : ci adesca su profili accesi
la febbre della strada maledetta:
    
spiega il Rivale i gonfaloni al vento
e di furore incide l'odio, i simboli!

 

P.P.

Copyright dell'autore

 

 

 

2016 Web Master D.P. Copyright F.P.