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SALMO MCM
E’ ancora il sordo
cuore dell’abisso dove fiorisce sui lastrici la morte
e tra le punte rosse, dentro il groviglio dei
reticolati, agita l’uomo l’amara anima in grido.
E tu lo vedi : crocifisso dal nulla, nella
sua ombra che sfalda come rudere, con le mani secche
d’arena, i ginocchi mozzi, se rovesciando sopra il
chiuso carcere le pupille di sangue odi il lamento
tristissimo sui grigi delle pietre, insillabato in
fondo al suo respiro che un vento adombra come annerite
acque : A te gridai nell’ora che non mia
nacqui fiore celeste, poi che alla grazia d’esistere
tra il fango e la maceria, non s’estinguesse il globo
della luce e consolata tra gli uomini la vita
fosse quale aurora che cede dolcissima nel grembo della
sera. Castigato, io infermo alla radice;
e più non s’apre a effluvio di stagioni
l’albero mio percosso né più letizia,
quasi armonia d’origini lontane, il battere dei rami,
verde nell’aria. Ora é deserto. La
mia voce che implora é come cenere; sgrana la
clepsidra i frammenti del tempo; la tenda brucia,
salutano i fantasmi l’ospite illuso. Ma
Tu resisti ! Dalla sfera di fuoco non mi raggiunge
l’angelico messaggio; e se alle porte infuria il grido
atroce si disarma in un eco, oltre la sbarra,
vivo solo nella sua pena che chiude. O Dio
degli aspri silenzi, Tu non rispondi dunque alla mia
angoscia ?
Così si spenna l’angelo
e frantuma le ali di neve.
II
Mia schernita innocenza come
svanisci se una donna vaporosa di sete mi consuma la
bocca coi suoi baci!
Un'eva é quì
: volpe d'avorio e gli scoppi dei vini neri, il rosolio
dai calici succhiato con la cannuccia, il profumo festivo
degli avana, mi scagliano su lievi quadri di sogno.
Ed io tremo e vaneggio! Urla amore di turbini, nel sangue,
se la sua mano mi tocca limpida d'ori, o la treccia lisciata
s’attorciglia alla mia vita come un serpente.
Così rade il mio fiore,
malefico sguardo!
Lo sai: la vendetta é
un impero volpe d'avorio, e tu non hai pietà!
Vattene! Non ficcare l'artiglio in pieno cuore; se vuoi,
lascia discinti i fianchi ad altre belve.
Le strade di notte hanno i
sospiri del sesso che s'inquieta. Sulle logge altissime
muove la danza negra al fragore dei jazz; ed io ne ascolto
il battito dei piedi tempestoso le movenze flessuose dentro
l'arco del braccio, e luci rosse, gialle, verdi, blù
...
Domani nei cortili si vedranno
piangere, a piedi nudi, vagabondi fanciulli Oh gridate
sui volti, senza tregua, gridate tutti la vergogna del mondo!
poi che lontana da Dio é la sua vita, e l'uomo addenta
il frutto e lo divora.
III
Tenebrae factae sunt
- urlano! In rivolta si sbrana l'esule antico,
la sua vita in turbamento di mare. Questa é
la storia: una pioggia di fuoco sta come lava sui delicati
fiori
e nel buio precipita
la vana ombra dell'uomo. Anima scorticata, come
curvi al terrore, ora che vuote si scheggiano
le tue ossa, opaco lo sguardo alla luce, e quasi
acqua dilegua il cuore mutilato!
Era la tua immagine lungo il
recinto di pietra, l'uomo abbattuto come una storta croce,
suicida in disperata bestemmia.
Seccava oscura la sua pozza
di sangue.
Nessuno mai toccò l'inerte;
ogni giorno ancora le mani graffiate, ancora i capelli fangosi
e quelle piaghe nude allo scherno del sole. Oh ma
tu sai che più triste é la sorte di chi sedotto
crede alla menzogna della vita murata nei piaceri: altra
morte!
Allo strappo profondo gemono
le vestigia eterne: ride la meretrice ubriaca a dimenticare
il delitto notturno.
Tonfo di mezzanotte: odiato
amore e il silenzio come lapide immemore.
Ai graticci d'acqua nel canale,
galleggiava il cadaverino, stretto alle sue midolla
i labruzzi spaccati, gli occhi rosi dai vermi e il piccolo
sesso viola ... T 'han lasciato marcire là tra i
sugheri, angelo senza redenzione, tu che non hai avuto
nemmeno una carezza né tepore di culla dove la madre
baci pregando la tua tenera gioia!
E potrai Tu, o Signore, educare
ancora l'ulivo nei nostri giardini predati, e chiamare
sulle spezzate colonne la colomba mitissima?
Le macerie fumano sui sepolti
in cancrena ...
IV
Diroccata città! Tu
lo ricordi l'ululato delle notti fulminate quadro
tra il sordo crollo dei palazzi, i sibili di schegge e
roghi altissimi scoppiava il cuore in vomiti di sangue.
Dileguava precoce la speranza
nell'uomo nuovo con le sue sirene di gloria e di potenza.
E poi che all’ora torbida del vespro il quartiere sfasciato,
i morti a mucchi, il grido pazzo delle madri stese
sui corpi profanati, le rovine, urlavano il livore delle
belve umane: urlavano sterminio!
Oh come stanco il volo dei
colombi illanguidì repente! Sui ruderi del Tempio
scolonnato, doleva l'aria trafitta.
Dalla materna Croce s'era schiodato
anche Cristo, senza più braccia e volto! e dai dipinti
piangevano Madonne.
Tutti ricordi, ora
che gialla maschera letizia finge sui disastri d'un
tempo; e dove in agonia si contorse il fratello
schiacciato sotto i macigni,
trassero piste a
un ballo di serpenti: geme ogni sera stridulo il jazz
- band, ai portici tristezza bianca di lumi, gioia
impudica d'essere uguale ai morti nel vuoto della vita.
Ecco rinasce l'ultima speranza:
torna il ciborio d'oro a perdonare, torna col Dio dell'Amore
azzimo; risplendono mosaici, campane adorano i Misteri
del Vivente, ma desolata sotto gli archi immensi la
fede si consuma con le pietre.
Vedi : ci adesca su profili
accesi la febbre della strada maledetta:
spiega il Rivale i gonfaloni al vento e di furore incide
l'odio, i simboli!
P.P.
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